Le indicazioni INL in materia dopo le ultime pronunce giurisprudenziali e la conseguente modifica degli orientamenti interpretativi del Ministero del Lavoro.
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con la circolare n. 1/2021, affronta i problemi connessi al ruolo della contrattazione collettiva nell’individuazione delle esigenze che giustificano il ricorso al lavoro intermittente. L’art. 13 D.Lgs. 81/2015 riconosce alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare tali esigenze, “anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno”. Il Ministero del Lavoro più volte si è espresso sull’argomento, ma alla luce della sentenza della Cassazione 13.11.2019, n. 29423 ha rivisto la propria prassi interpretativa (note 1.02.2021, nn. 930 e 931).
La citata sentenza chiarisce che alla contrattazione collettiva è demandata l’individuazione delle esigenze che consentono la stipula di un contratto di lavoro intermittente, ma la norma non riconosce alcun diritto di veto in ordine alla possibilità di avvalersi di un rapporto di lavoro a prestazioni discontinue. Il legislatore ha concesso questa possibilità alle parti sociali in virtù della loro prossimità allo specifico settore da regolamentare, ma non ha inteso concedere alcuna facoltà interdittiva.
L’INL, adeguandosi alla citata sentenza, raccomanda ai propri funzionari di non tenere conto, nel corso dell’attività di vigilanza, di clausole sociali che si limitino a “vietare” il ricorso al lavoro intermittente. Il funzionario dovrà, pertanto, accertare se l’utilizzo del contratto di lavoro intermittente trovi giustificazione nelle c.d. ipotesi oggettive individuate nella tabella allegata al R.D. 2657/1923 oppure in quelle c.d. soggettive, ossia “con soggetti con meno di 24 anni di età, purché le prestazioni lavorative siano svolte entro il 25° anno, e con più di 55 anni”.
Con riferimento al settore dell’autotrasporto, l’Ispettorato ricorda che la contrattazione collettiva non contiene specifiche previsioni in ordine all’individuazione delle “esigenze” per le quali è consentita la stipula del contratto intermittente. Pertanto, ferma restando l’eventuale presenza di ipotesi c.d. soggettive, trova applicazione la citata tabella e precisamente il punto 8 che, tra le attività da considerare a carattere discontinuo individua quella del “personale addetto al trasporto di persone e di merci: personale addetto ai lavori di carico e scarico, esclusi quelli che a giudizio dell’ispettorato dell’industria e del lavoro non abbiano carattere di discontinuità”.
L’INL, facendo propria l’interpretazione del Ministero del Lavoro, afferma che la discontinuità è riferibile alle attività del solo personale addetto al carico e allo scarico. Viene di fatto individuata una “sotto categoria” rispetto al personale addetto al trasporto tout court, “con esclusione delle altre attività ivi comprese quelle svolte dal personale con qualifica di autista”.
Alla luce della recente giurisprudenza e della rivista interpretazione ministeriali, si può affermare che le parti sociali hanno solo la possibilità di “adeguare” la norma al settore specifico, ma non possono in alcun modo “vietare” l’utilizzo di un istituto previsto dall’ordinamento.
Fonte: https://www.tutelafiscale.it/contrattazione-collettiva-e-lavoro-intermittente/