LA RETRIBUZIONE VA SEMPRE TRACCIATA

Per l’INL non basta neppure la dichiarazione del lavoratore attestante l’avvenuto pagamento.
La tracciabilità della retribuzione costituisce da qualche anno uno dei principali strumenti di contrasto al cd. “lavoro grigio”, vale a dire quei rapporti lavorativi apparentemente regolari, ma che invece presentano difformità rispetto alla normativa vigente.
In particolare, l’istituto è stato introdotto per porre un argine a quelle situazioni in cui l’effettivo orario di lavoro è maggiore rispetto a quello dichiarato nel contratto e, pertanto, una parte della retribuzione è corrisposta, come suol dirsi, “fuori busta”.
Il rimedio approntato consiste, per l’appunto, nell’obbligo posto in capo ai datori di lavoro, di ricorrere a uno dei seguenti mezzi di pagamento tracciabili:

  • bonifico su conto corrente bancario con codice IBAN indicato dal lavoratore;
  • strumenti elettronici, tra cui carte di credito prepagate;
  • versamento in banca o alla posta su un conto corrente dedicato;
  • assegno bancario o circolare consegnato direttamente al lavoratore o persona da lui delegata.

Nella nota 22.03.2021, n. 473 l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha ribadito che tali modalità sono del tutto tassative, a nulla rilevando la dichiarazione del lavoratore volta a confermare l’avvenuto pagamento in contanti.
L’osservanza dell’obbligo normativo è strettamente connesso all’effettiva tracciabilità delle operazioni di pagamento e alla loro possibile verifica degli organi di vigilanza.
In tal senso, sono consentiti strumenti di pagamento diversi da quelli previsti dalla legge, purchè una tracciabilità possa essere comunque individuata. È il caso dell’adempimento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro ha aperto un conto corrente o un conto di pagamento ordinario, soggetto alle necessarie registrazioni.
Non solo, sulla parte datoriale incombe anche l’obbligo di conservare la documentazione, in particolare le ricevute di pagamento, nei casi di versamenti effettuati su carta di credito prepagata del lavoratore che non sia collegata ad un IBAN. Ciò, naturalmente, al fine di garantire la tracciabilità delle operazioni eseguite.
Resta salva, nei casi di dubbia corresponsione della retribuzione attraverso gli strumenti prescritti, la possibilità per il personale ispettivo di attivare adeguate procedure di verifica presso gli istituti di credito e, di conseguenza, verificare la sussistenza della fattispecie illecita prevista dalla norma.

È opportuno ricordare, a proposito, che in caso di inosservanza degli obblighi di legge, è prevista una sanzione pecuniaria che va da 1.000 a 5.000 euro.
Sul punto, in una precedente nota del 2018, l’INL ha fornito 2 importanti chiarimenti:

  • la violazione della tracciabilità della busta paga non è diffidabile poiché l’illecito non è materialmente sanabile. Pertanto, la sanzione è determinata nella misura di un terzo del massimo (1.667 euro) e si applica non in relazione al numero di lavoratori, bensì al numero di mesi violati;
  • l’illecito si compie non solo quando non vengono utilizzati mezzi di pagamento tracciabili, bensì anche in caso di uso elusivo degli stessi mezzi (es. pagare mediante bonifico e poi revocarlo).

Per l’INL non basta neppure la dichiarazione del lavoratore attestante l’avvenuto pagamento.
La tracciabilità della retribuzione costituisce da qualche anno uno dei principali strumenti di contrasto al cd. “lavoro grigio”, vale a dire quei rapporti lavorativi apparentemente regolari, ma che invece presentano difformità rispetto alla normativa vigente.In particolare, l’istituto è stato introdotto per porre un argine a quelle situazioni in cui l’effettivo orario di lavoro è maggiore rispetto a quello dichiarato nel contratto e, pertanto, una parte della retribuzione è corrisposta, come suol dirsi, “fuori busta”.Il rimedio approntato consiste, per l’appunto, nell’obbligo posto in capo ai datori di lavoro, di ricorrere a uno dei seguenti mezzi di pagamento tracciabili:

bonifico su conto corrente bancario con codice IBAN indicato dal lavoratore;
strumenti elettronici, tra cui carte di credito prepagate;
versamento in banca o alla posta su un conto corrente dedicato;
assegno bancario o circolare consegnato direttamente al lavoratore o persona da lui delegata.

Nella nota 22.03.2021, n. 473 l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha ribadito che tali modalità sono del tutto tassative, a nulla rilevando la dichiarazione del lavoratore volta a confermare l’avvenuto pagamento in contanti.L’osservanza dell’obbligo normativo è strettamente connesso all’effettiva tracciabilità delle operazioni di pagamento e alla loro possibile verifica degli organi di vigilanza.In tal senso, sono consentiti strumenti di pagamento diversi da quelli previsti dalla legge, purchè una tracciabilità possa essere comunque individuata. È il caso dell’adempimento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro ha aperto un conto corrente o un conto di pagamento ordinario, soggetto alle necessarie registrazioni.Non solo, sulla parte datoriale incombe anche l’obbligo di conservare la documentazione, in particolare le ricevute di pagamento, nei casi di versamenti effettuati su carta di credito prepagata del lavoratore che non sia collegata ad un IBAN. Ciò, naturalmente, al fine di garantire la tracciabilità delle operazioni eseguite.Resta salva, nei casi di dubbia corresponsione della retribuzione attraverso gli strumenti prescritti, la possibilità per il personale ispettivo di attivare adeguate procedure di verifica presso gli istituti di credito e, di conseguenza, verificare la sussistenza della fattispecie illecita prevista dalla norma.È opportuno ricordare, a proposito, che in caso di inosservanza degli obblighi di legge, è prevista una sanzione pecuniaria che va da 1.000 a 5.000 euro.Sul punto, in una precedente nota del 2018, l’INL ha fornito 2 importanti chiarimenti:

la violazione della tracciabilità della busta paga non è diffidabile poiché l’illecito non è materialmente sanabile. Pertanto, la sanzione è determinata nella misura di un terzo del massimo (1.667 euro) e si applica non in relazione al numero di lavoratori, bensì al numero di mesi violati;
l’illecito si compie non solo quando non vengono utilizzati mezzi di pagamento tracciabili, bensì anche in caso di uso elusivo degli stessi mezzi (es. pagare mediante bonifico e poi revocarlo).

Fonte: https://www.tutelafiscale.it/la-retribuzione-va-sempre-tracciata/