Redditi 2021: contraddizioni sull’acquisto di immobili ristrutturati

Le norme sulla detrazione, apparentemente chiare, sono complicate dalle interpretazioni dell’Agenzia delle Entrate che poi si contraddice.
La detrazione per l’acquisto di immobili ristrutturati venne introdotta con l’art. 9 L. 28.12.2001 n. 448 e prorogata negli anni, sino all’introduzione definitiva nell’art. 16-bis del Tuir, i cui presupposti sono abbastanza semplici e così riassumibili: il contribuente può detrarre dalla propria dichiarazione il 50% del 25% delle spese sostenute per acquistare un’unità immobiliare, nella presunzione che il 25% delle spese sostenute sia relativo alle spese di ristrutturazione, sino a un massimo di 96.000 euro. In pratica, se acquisto un alloggio da un’impresa di costruzioni che ha proceduto alla ristrutturazione dell’immobile, avrò diritto di detrarre il 25% della spesa sostenuta: acquisto di unità abitativa (incluso la pertinenza) per 400.000 euro (Iva compresa), spese di ristrutturazione presunte 25%, pari a 100.000 euro, spese di ristrutturazione da indicare in dichiarazione pari a 96.000 euro, da suddividere in 10 rate annuali.

Il testo dell’art. 16-bis del Tuir indica inoltre che deve trattarsi di interventi di restauro, risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia riguardanti interi fabbricati, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare, cooperative edilizie e che l’atto di vendita venga stipulato entro 18 mesi dal termine dei lavori; sembra tutto semplice: vado dal notaio, acquisto l’immobile, nell’atto viene indicato di tutto e di più, anche in riferimento all’art. 16-bis del Tuir e alla detrazione spettante (l’obbligo di effettuare pagamenti con bonifico bancario è stato soppresso dall’art. 1-bis D.M. 9.05.2002, n. 153 con decorrenza dal 10.08.2002).
Senonché il richiamato art. 16-bis prevede che l’intervento riguardi interi fabbricati: in parole molto semplici se l’impresa ha acquisito un fabbricato composto da 5 unità e ristruttura realizzando sempre 5 unità, deve procedere alla ristrutturazione dell’intero fabbricato e non, ad esempio, ristrutturane 3 e cederne 2 al grezzo o in corso di ristrutturazione.

Ma non basta: la circolare 4.04.2017, n. 7/E (ma anche la circolare 8.07.2020, n. 19/E, p. 286) prevede che per procedere alla detrazione occorre che si realizzi anche il presupposto costituito dall’ultimazione dei lavori riguardanti l’intero fabbricato (non dell’unità immobiliare, ma dell’intero fabbricato) e che la detrazione possa essere fruita solo dall’anno di imposta in cui i lavori siano stati ultimati; in parole semplici: con atto di acquisto del 2020, ma ultimazione dei lavori dell’intero fabbricato 2022, la detrazione spetta dal 2022 e non dal 2020.
Tale affermazione si reputa non corretta, in quanto sarebbe sufficiente, a giudizio di chi scrive, il fine lavori parziale relativo all’unità immobiliare ceduta e la documentazione edilizia-urbanistica presentata in Comune, al fine di dimostrare la “ristrutturazione dell’intero fabbricato”.

Sta di fatto poi che l’affermazione di cui sopra viene contraddetta dalla stessa Agenzia delle Entrate nella circolare n. 10.06.2004, n. 24/E, risposta n. 17, laddove al contribuente è concesso di usufruire della detrazione per gli acconti versati a seguito di preliminare registrato entro la data di presentazione della dichiarazione dei redditi nella quale si intende fruire della detrazione: se così è, nel caso in cui i lavori dell’intero fabbricato non risultino ultimati, è preferibile stipulare un preliminare registrato e magari anche trascritto, versando a titolo di acconto l’intero prezzo e procedere alla detrazione in base alla data di versamento dell’acconto.
Poi, fortunatamente, le circolari assumono rilievo all’interno dell’Amministrazione Finanziaria, così come ha avuto modo di affermare la Corte di Cassazione con la sentenza 237/2009.

Fonte: https://www.tutelafiscale.it/redditi-2021-contraddizioni-sullacquisto-di-immobili-ristrutturati/