Un livello di capitalizzazione pari a circa 2 mila miliardi di euro soltanto nel 2021 e oltre 19.600 le criptovalute censite dalla piattaforma Coinmarketcap a partire dai famosi Bitcoin, lanciati nel 2009.
Sono le cifre da capogiro delle cripto-attività che, coniugando innovazione tecnologica e finanza, hanno da tempo rivoluzionato gli scambi di beni e servizi nonché gli investimenti.
Però, prima del 21 novembre scorso- quando il Consiglio dei ministri ha approvato la bozza del disegno della legge di Bilancio 2023- e salva in qualche modo la normativa antiriciclaggio, le criptovalute rimanevano disciplinate soltanto da poche e incomplete indicazioni di prassi.
Nel silenzio del legislatore, infatti, le criticità riscontrabili su un piano qualificatorio nonché fiscale, erano state soltanto in parte colmate dalle risoluzioni dell’agenzia delle Entrate (Risoluzione n. 72/E del 02.09.2016; risposte ad interpello nn. 788/2021 e 397/2022) le quali si sono rivelate comunque insufficienti a normare in maniera completa e unitaria il polimorfismo del fenomeno avanguardista delle cripto-attività.
Basti pensare in Italia allo scandalo New Financial Technology ltd che generato una perdita secca di almeno 100 milioni di euro a danno di oltre 6000 risparmiatori ed a livello internazionale il Crack americano di FTX che sta creando un vero e proprio effetto domino avendo già contagiato un altro grande Exchanger BlockFI in bancarotte di miliardi di dollari e milioni di clienti risparmiatori coinvolti.
Insomma, utenti ed operatori di settore chiedevano da tempo una disciplina sicura, che specificasse una volta per tutte il tipo di tassazione cui assoggettare le operazioni aventi ad oggetto le cripto-valute, alla luce delle loro caratteristiche talmente peculiari da non consentirne l’incasellamento nelle tradizionali categorie giuridiche. Con conseguente impossibilità di garantire altresì un’efficace tutela legale e contrattuale all’utente, specie a fronte degli innumerevoli rischi (cyber-risk, asset risk e rischi di compliance/legali) insiti nelle operazioni relative alle valute digitali.
Il che spiega il motivo per cui il governo, con il disegno di legge di Bilancio 2023, ha finalmente pensato a un intervento chiarificatore almeno dal punto di vista fiscale.
Con gli articoli dal 30 al 34 viene quindi proposta una disciplina compiuta in tema di cripto-attività: dalla tassazione alla rideterminazione del valore delle cripto-attività, passando per la loro regolarizzazione.
In particolare, l’articolo 33 della manovra finanziaria- che, nella sua ultima versione, dopo aver ottenuto la bollinatura della Ragioneria generale dello Stato, è ormai approdata in Parlamento per l’ok definitivo – detta una sorta di mini voluntary disclosure per le criptovalute detenute sino 31 dicembre 2021.
Nello specifico, i titolari delle cripto-attività che non abbiano indicato in dichiarazione la loro detenzione o i redditi derivanti dalle medesime hanno la possibilità di farle emergere attraverso la presentazione di una dichiarazione dedicata, secondo un modello che verrà successivamente approvato dal direttore dell’agenzia delle Entrate.
Due sono le casistiche prese in considerazione dal disegno di legge di bilancio. La prima ipotesi riguarda il contribuente che, nel periodo di riferimento, non ha realizzato redditi: in tale ipotesi la posizione fiscale potrà essere regolarizzata previa presentazione della ridetta dichiarazione e con il pagamento di una sanzione per la mancata compilazione del quadro RW pari allo 0,5 per cento, per ciascun anno, sul valore delle attività non dichiarate.
La seconda ipotesi tipizzata è quella del contribuente che, al contrario, nel periodo di riferimento, abbia conseguito redditi proprio dalle criptovalute oggetto di voluntary. Quest’ultimo potrà regolarizzare presentando la medesima dichiarazione ma, questa volta, dovrà versare sia imposte che sanzioni. È infatti disposto il pagamento di un’imposta sostitutiva nella misura del 3,5 per cento del valore delle medesime attività detenute al termine di ogni anno o al momento del realizzo, in aggiunta alla somma dello 0,5 per cento, per ciascun anno, del valore delle cripto- attività a titolo di sanzioni ex articolo 4, comma 1, del decreto legge n. 167/1990, convertito dalla legge n. 227/1990.
Il tutto con un unico limite: l’impossibilità di regolarizzare le cripto-attività frutto di attività illecite o acquistate attraverso proventi derivanti da attività illecite.
Fonte: Redazione TFDC